Maria Corti

Tra Lombardia e Salento

Lombardia e Salento: i due poli di una geografia reale e mentale a cui corrispondono, sull’asse del tempo, le privazioni della guerra e il difficile dopoguerra. Appena laureata – dal 1939 fino al 1950 – Maria Corti insegna nel ginnasio inferiore di Chiari (Brescia). Da questa stagione di pendolarismo ferroviario tra Chiari e Milano prende spunto Il treno della pazienza, romanzo che nel 1949 concorre senza fortuna al prestigioso premio «Libera Stampa» di Lugano; il dattiloscritto, profondamente rielaborato, sarà alla base del successivo Cantare nel buio, del 1991. Dal 1950 al 1956 è al Liceo Volta di Como, poi al Beccaria di Milano (il Liceo ‘Bonvesin da La Riva’ del romanzo Il ballo dei sapienti, del 1966). Nello stesso periodo trascorre le vacanze in Salento; lì frequenta la cerchia intellettuale dell’Accademia Salentina, fondata dal poeta di area ermetica Girolamo Comi che dirige anche la parallela rivista «L’Albero». Proprio sulle pagine dell’«Albero», nel 1949, escono sia il racconto La leggenda di Santa Cesarea, sia uno studio su Guido Cavalcanti, primo di una lunga serie dedicata a un autore che nel percorso scientifico della Corti riceve attenzioni paragonabili solo a quelle toccate a Dante. L’esordio narrativo è di poco precedente: il racconto In un guscio di noce appare nel 1947, grazie all’amico Oreste Macrì, sul periodico salentino «Libera voce», organo del Partito d’Azione. Una sede tutt’altro che neutra, perché ci parla pur sempre delle posizioni, non solo culturali, della Corti («in quell’immediato dopoguerra tutti avevamo qualcosa su cui riflettere, ricordi drammatici, paure di risacca culturale», Dialogo in pubblico, p. 45).

Maria Corti
Maria Corti nella sua classe del ginnasio di Chiari
Foto di classe al Liceo Volta di Como
Cartolina di Cesare Cases sul romanzo Cantare nel buio
Il racconto In un guscio di noce («Libera Voce», 1947)
Verbale di una seduta dell’Accademia Salentina
La rivista «L’Albero»
Foto di gruppo dei componenti dell’Accademia salentina