L’insegnamento universitario
Docente incaricata dal 1955 al 1961, nel 1962 la Corti vince il concorso a cattedra: la Commissione è composta da Bruno Migliorini, Giovanni Nencioni, Gianfranco Folena, Giovan Battista Pellegrini e Maurizio Vitale. Tra i concorrenti spiccano studiosi che avrebbero offerto contributi fondamentali alla disciplina: Franca Ageno, Ignazio Baldelli, Ghino Ghinassi. La vincitrice deve scegliere tra Lecce e Roma. A propiziare la scelta di Lecce, oltre al legame famigliare col Salento, sarà Gianfranco Contini: «Io al suo posto andrei a Lecce. È più elegante» (Dialogo in pubblico, p. 70). A Lecce, in una Facoltà ancora tutta da costruire, Maria Corti conosce, fra gli altri, la storica dell’arte Paola Barocchi, i filosofi Enzo Melandri e Pietro Chiodi; proprio Chiodi, ex partigiano studioso e traduttore di Kant e Heidegger, le parlerà di Beppe Fenoglio (sempre grazie all’amico Chiodi la Corti potrà, anni dopo, esaminare le carte dello scrittore ad Alba). Di questo stesso periodo sono gli studi sull’Arcadia di Sannazzaro, in vista di un lavoro di edizione che, come altri cantieri, resterà interrotto.
Nel 1964 l’Università di Pavia ottiene dal Ministero una cattedra di Storia della Lingua italiana, subito destinata a Maria Corti che vi rimarrà fino al 1990. In questo ventennio operosissimo la studiosa fa spazio a nuove direzioni di ricerca (Dante e l’aristotelismo radicale) e interessi teorici (lo strutturalismo e la semiotica, allora all’avanguardia, coniugate con la tradizione filologica). L’attenzione privilegiata ai percorsi inventivi, documentati dagli ‘scartafacci’ degli scrittori, porterà alla nascita del Centro Manoscritti dell’Università: l’impresa più ambiziosa e preveggente – rievocata nel racconto memoir Ombre dal Fondo (1997) – prende avvio dai primi nuclei di carte donate dagli amici Montale e Bilenchi. Era il 1969: dei fermenti di rivolta giovanile nell’Ateneo pavese la Corti avrebbe parlato, quasi un congedo, nel romanzo Le pietre verbali (2001).